Argillae - Orvieto Umbria
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LA VINIFICAZIONE SECONDO GLI ETRUSCHI

Con la civiltà Etrusca (VIII- III sec. a.c.), Orvieto conobbe uno dei periodi di maggiore splendore e prosperità. E proprio agli etruschi si deve l’avvio della produzione di vino nella città orvietana (l’antica Velzna). Essi misero a punto un sistema di vinificazione il cui esito era una bevanda dalle caratteristiche organolettiche singolari: aromatica, profumatissima e di colore giallo dorato.

Lavoravano e vinificavano nel fresco di alcune cantine realizzate su tre piani. L'uva si pigiava a livello del suolo (primo livello) e il mosto, attraverso apposite tubature di coccio, colava nei tini disposti nei locali sottostanti (secondo livello) in cui fermentava. Dopo la svinatura, il vino veniva trasferito a un livello ancora più profondo (terzo livello), adatto per la maturazione e la lunga conservazione.

Gli Etruschi vendemmiavano l'uva perfettamente matura, la trasportavano nelle cantine in racemi interi con casse di legno caricate da bestie da soma e depositavano il tutto in un tino fatto a tronco di cono. Una volta che il tino era pieno, un uomo a piedi nudi vi saliva sopra, premendo fino a frantumare e ad ammostare i chicchi. Poi si aggiungeva acqua nel tino, all'incirca fra un ottavo e un decimo delle some dei grappoli depositati. Il mosto che se ne ricavava era appena la metà dell'uva, la fermentazione si compiva fra i cinque e gli otto giorni, la verifica veniva fatta con un assaggio finale in piccoli contenitori da alcuni esperti selezionati che si riunivano a banchetto.

Terminata la fermentazione, si spillava il vino per travasarlo nella botte, in modo che uscisse dalla cannella spoglio di feccia. Si procedeva allora a un ulteriore momento della vinificazione: l'uomo entrava nel tino e iniziava ad ammostare gli acini che non erano stati bene infranti o che erano rimasti fra le vinacce, finché attraverso le fasi della svinatura si arrivava ad avere un vino di qualità B (antenato dell’attuale torchiato). Interessante notare, a questo proposito, una brocca con la scritta "VINO B" presso il Museo delle Maioliche Medievali di Via della Cava.

Gli Etruschi facevano del vino un commercio fiorente, con avventurose spedizioni verso il Nord Europa; altrettanto i Romani che, nel periodo del loro dominio sulla città, lo inviavano a Roma attraverso il porto fluviale di Palianum dove, in epoca recente, sono state ritrovate numerose anfore vinarie.
IL VINO DI ORVIETO LA SUA GRANDE FAMA

La rinomanza conquistata dal vino di Orvieto in epoca etrusca tornò a brillare e a diffondersi in epoca medievale e rinascimentale grazie a vescovi, cardinali e papi che soggiornarono più o meno a lungo nella città o nei suoi dintorni. Pontefici come Adriano IV, Urbano IV, Martino IV, Clemente VII scelsero Orvieto per sfuggire alle insidie della Roma papale e negli anni in cui Orvieto fu residenza pontificia, verso Roma venivano spesso inviati fusti del celebre vino destinati a importanti personaggi. Il vino di Orvieto comincia allora a essere definito e conosciuto come "vino dei papi".

Tanti sono gli aneddoti che raccontano come la qualità del vino di Orvieto sia stata sempre apprezzata da noti intenditori.

Papa Paolo III Farnese lo preferiva ad ogni altro e Gregorio XVI volle che il suo corpo fosse lavato con questo vino prima della sepoltura. Ben conosciuto è inoltre il ruolo che il vino ebbe nella costruzione del Duomo di Orvieto. I maestri che lavorarono nella cava del Monte Piso per estrarre e sgrezzare la pietra di travertino ne acquistarono in grandi quantità insieme alle panatelle, per poterlo degustare mentre erano lontani da Orvieto. La stessa Opera del Duomo lo regalava in molte occasioni, ad esempio a compimento di lavori importanti del cantiere. Tuttavia, il dato che più colpisce è trovarlo espressamente richiesto nei contratti di lavoro sotto forma di pagamento. Nel 1496 l’accordo stipulato tra l'Opera del Duomo e il Pinturicchio concede all’artista "sei quartenghi di grano per ogni anno... e il vino necessario". Nel 1500, nel contratto stipulato tra l'Opera del Duomo e Luca Signorelli per la realizzazione degli affreschi della Cappella di San Brizio, è scritto che l'Opera era tenuta a consegnargli ogni anno 12 some di vino (circa 1000 litri).

Più avanti nei secoli, la fama del vino di orvieto è espressa - in modo sagace e divertente- nella petizione presentata per voce di Pasquino a Papa Paolo V Borghese in occasione dell'inaugurazione dell'acquedotto romano all'Acqua Marcia (fine del 1600):

“Il miracolo è fatto, o Padre Santo,
con l'acqua vostra che ci piace tanto;
ma sarebbe portento assai più lieto,
se l'acqua la cangiaste in vin d'Orvieto.”

Giuseppe Gioacchino Belli nelle Regole contro le ubriacature - sonetto del 1835 - sottolinea come il "bianco di Orvieto" fosse considerato "il vino delle grandi occasioni" per le sue eminenti qualità rispetto ai vini comuni e fosse destinato esclusivamente alle tavole dei potenti e di coloro che ne potevano pagare l'alto prezzo.

Procedendo con testimonianze ancor più vicine alla nostra epoca, si sa che il vino di Orvieto fu usato da Garibaldi e dai suoi Mille, prima di lasciare il porto di Talamone, per brindare all'avventura siciliana. Un valoroso ufficiale toscano, Giuseppe Bandi, segretario particolare del generale, così narra : "La mia comparsa fu salutata con un grido dagli amici e da quell'ottimo uomo del Generale (Garibaldi). Mi fé cenno di avvicinarmi a lui e porgendomi un bicchiere colmo di vino d'Orvieto mi disse: bevete anche voi alla buona fortuna d'Italia".
Ed è vanto per gli orvietani che Sigmund Freud, in visita a Orvieto nel 1897, scrivendo una cartolina alla moglie Martha, le parlasse del Duomo e del vino definendolo "famoso" e "simile al Porto": accostamento che può apparire curioso, ma che in realtà evidenzia la caratteristica prevalente dell'Orvieto di una volta, quella di un vino dolce da altri paragonato al passito per eccellenza, il Sauternes francese.
“Il nostro terroir è la nostra anima, la nostra fonte primaria di ispirazione.
Racchiude tutte le nostre potenzialità e segna tutti i nostri limiti”


Nel nostro lavoro, in quello che con passione e sacrificio realizziamo ogni giorno, Il terroir è fondamentale. Ma cos’è il Terroir? Il terroir è un concetto molto ampio di cui sono state date tante interpretazioni.

A noi piace definirlo così: la composizione del suolo, le peculiari condizioni climatiche, le varietà prescelte ed impiantate, ciò che circonda il vigneto (fiume, lago, bosco, o campo che sia…), le specie animali e vegetali che lo popolano… ma soprattutto il loro fondersi insieme in maniera unica ed irripetibile… tutto questo è il terroir ed esso svolge un ruolo cruciale nell’enologia moderna.

Prendendo dunque ispirazione dal nostro terroir ed in particolar modo dalla componente principale del nostro suolo abbiamo chiamato la nostra cantina Argillae.

In cosa si distinguono i terreni argillosi?
I nostri terreni sono prevalentemente composti da strati calcareo argillosi. I suoli calcareo-argillosi risultano più freschi rispetto ad altri tipi di terreno e questo è un vantaggio per regioni tendenzialmente calde come l’Umbria. L’argilla trattiene bene l’acqua, capacità che si rivela fondamentale per fronteggiare la stagione secca. La componente calcarea invece possiede ottime capacità drenanti, evitando così malattie dovute ai ristagni e all’umidità. Da terreni calcareo argillosi hanno origine vini di ottima struttura, buona acidità e con ottime potenzialità di invecchiamento.

Non solo argille!
Tra le componenti più segrete ed inaspettate del nostro terroir troviamo numerosi fossili appartenenti all’era pliocenica. Milioni di anni fa gran parte della nostra regione è stata a lungo ricoperta del mare. Quello che rimane di quel periodo sono centinaia di fossili di conchiferi che un tempo abitavano questi luoghi e che ora contribuiscono ad aggiungere complessità ai nostri suoli, sapidità e carattere ai nostri vini.

Composizione del nostro suolo in dettaglio
Attraversando i nostri 36 ettari vitati è possibile trovare alcune fondamentali differenze nella composizione chimico-fisica del terreno. Dopo molte analisi e studi siamo stati capaci di identificare 3 sub-terroir ossia:

  • Suoli a medio impasto: perlopiù composti da pietre, argillae e calcare
  • Suoli argillosi: composti da argilla per un 70%
  • Suoli sabbiosi: composti da sabbia per il 40% insieme ad argilla e pietre


IL TERROIR

Nel nostro lavoro, in quello che con passione e sacrificio realizziamo ogni giorno, Il terroir è fondamentale.
Ma cos’è il Terroir? Il terroir è un concetto molto ampio di cui sono state date tante interpretazioni.
A noi piace definirlo così: La composizione del suolo, le peculiari condizioni climatiche, le varietà prescelte ed impiantate, ciò che circonda il vigneto (fiume, lago, bosco, o campo che sia…), le specie animali e vegetali che lo popolano… ma soprattutto il loro fondersi insieme in maniera unica ed irripetibile… tutto questo è il terroir ed esso svolge un ruolo cruciale nell’enologia moderna.

Prendendo dunque ispirazione dal nostro terroir ed in particolar modo dalla componente principale del nostro suolo abbiamo chiamato la nostra cantina Argillae.

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SOSTENIBILITÀ
Il nostro progetto di sostenibilità è parte integrante della nostra identità e riguarda l'architettura della cantina, gli impianti, il packaging e le attività agricole. È il nostro impegno a favore dell'ambiente e della salute del consumatore, un impegno che ci vede attivi nel cercare di migliorare sempre di più il nostro prodotto attraverso la qualità delle materie prime e le procedure di produzione adottate.

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ORVIETO

Con una definizione molto suggestiva Orvieto è stata definita “la città alta e strana” facendo riferimento alla sua posizione unica e straordinaria. Questa città infatti si erge interamente su un imponente ammasso tufaceo. Da lontano, soprattutto di notte, sembra sospesa nel cielo mentre di giorno appare come adagiata in mezzo alle nuvole.

Piccolo scrigno di arte, è famosa nel mondo soprattutto per il Duomo, meraviglia dell’architettura gotica europea e il Pozzo di San Patrizio, capolavoro di ingegneria idraulica.

Piccola, ordinata, accogliente, Orvieto è una meta imperdibile durante un tour in Umbria e merita anche un intero fine settimana per godersi in tranquillità le sue straordinarie bellezze. Oltre a quelle sopra menzionate ricordiamo la Cappella di San Brizio, il Museo del Duomo, la millenaria Città sotterranea e l’eccellente gastronomia.
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VIAGGIO IN UMBRIA

Paesaggi incontaminati immersi nel verde e antichi borghi ricchi di storia fanno dell’Umbria una regione incantata. Soprannominata dal Carducci “Umbria Verde”, questa regione è oggigiorno conosciuta come “il cuore verde d’Italia”. E in effetti, l’Umbria sembra uno dei capolavori creati dal pennello del Pinturicchio o del Perugino, nati entrambi a Perugia nel 1400: in tutta la regione ci sono scorci paesaggistici e naturali unici, come la cascata delle Marmore a pochi chilometri da Terni, le fonti del Clitunno tra Spoleto e Foligno oppure il meraviglioso Lago Trasimeno, che è riuscito a sorprendere anche Goethe, Stendhal e Byron per la sua bellezza. Le colline verdeggianti sono costellate da borghi di origini antichissime e dal fascino misterioso. È impossibile dire quale sia la cittadina più bella dell’Umbria, se Assisi, Orvieto, Perugia, Gubbio o Spoleto. E le tracce del suo importante passato, l’Umbria le custodisce con amore, anche grazie alle numerose manifestazioni e rivisitazioni storiche di epoche lontane legate a tradizioni religiose: questi appuntamenti col folklore sono molto sentiti dalla popolazione che sottolinea così la propria diversità locale. Tra le tante vi raccomandiamo di non perdere la “corsa dei ceri”, che si svolge a Gubbio il 15 Maggio di ogni anno e il Corpus Domini di Orvieto.
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IL VINO E GLI ETRUSCHI

Con la civiltà Etrusca (VIII- III sec. a.c.), Orvieto conobbe uno dei periodi di maggiore splendore e prosperità. E proprio agli etruschi si deve l’avvio della produzione di vino nella città orvietana (l’antica Velzna). Essi misero a punto un sistema di vinificazione il cui esito era una bevanda dalle caratteristiche organolettiche singolari: aromatica, profumatissima e di colore giallo dorato.

Lavoravano e vinificavano nel fresco di alcune cantine realizzate su tre piani. L'uva si pigiava a livello del suolo (primo livello) e il mosto, attraverso apposite tubature di coccio, colava nei tini disposti nei locali sottostanti (secondo livello) in cui fermentava. Dopo la svinatura, il vino veniva trasferito a un livello ancora più profondo (terzo livello), adatto per la maturazione e la lunga conservazione.

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UN VINO "STORICO"

La rinomanza conquistata dal vino di Orvieto in epoca etrusca tornò a brillare e a diffondersi, in epoca medievale e rinascimentale, grazie a vescovi, cardinali e papi che soggiornarono più o meno a lungo sulla Rupe e dintorni. Tra i pontefici, Adriano IV, Urbano IV, Martino IV, Clemente VII scelsero Orvieto per sfuggire alle insidie della Roma papale; e negli anni in cui Orvieto fu residenza pontificia, verso Roma venivano spesso inviati fusti del celebre vino destinati a importanti personaggi. Non a caso, il vino di Orvieto comincia allora a essere definito e conosciuto come "vino dei papi".

L'importanza del vino di Orvieto nel Medio Evo trova testimonianza nella grande quantità di coppe, tazze e boccali in ceramica recuperati nei butti medievali a partire dai primi anni del Novecento.

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CUCINA E PIATTI TIPICI

La cucina umbra si caretterizza per ingredienti semplici e genuini come legumi, cereali e olio extra vergine di oliva. È costituita quasi esclusivamente da piatti a base di carne... E non potrebbe essere altrimenti visto che è tra le poche regioni italiane a non essere lambite dal mare! Tra le specialità ricordiamo la carne di cinghiale, gli affettati e i salumi e il tartufo nero: vera prelibatezza di questa terra! Parlando di pasta dovete assolutamente provare gli Umbrichelli: lunghi come gli spaghetti ma più spessi e...fatti rigorosamente a mano!